Insieme allo smartphone usato attenti a non vendere anche i vostri segreti più intimi

In giro per il mondo ci sono circa 6,6 miliardi di smartphone attivi. Solo in Italia sono più o meno 80 milioni, quindi più degli abitanti. Nessuna sorpresa, quindi, se accanto al mercato degli smartphone nuovi ce ne sia uno sempre più fiorente di smartphone di seconda mano nel quale circolano telefonini venduti, comprati e scambiati direttamente tra utenti e dispositivi, come si dice, ricondizionati, da società specializzate che, prima li “rimettono a nuovo” e poi li rivendono.
Tanto per avere un’idea delle dimensioni del fenomeno, solo questo secondo segmento del mercato degli smartphone usati, secondo un articolo pubblicato da Il Sole 24 ore, oggi varrebbe circa 60 miliardi di dollari e sarebbe destinato a sfondare la soglia dei 140 miliardi entro il 2031. E le cifre non tengono conto, appunto, del valore del mercato privato che, pure, grazie al proliferare di piattaforme online per la vendita e l’acquisto di beni di seconda mano, deve essere decisamente importante. Bene, anzi benissimo, naturalmente dare una seconda vita ai nostri smartphone che, spesso, mandiamo in pensione quando sono ancora giovanissimi e benissimo acquistarli usati perché, appunto, possono dar soddisfazione a tanti che, magari, non possono permettersi o, semplicemente, non sono interessati a disporre del prodotto di ultimissima generazione. Bene per il portafoglio e bene per la sostenibilità ambientale anche perché lo smaltimento di uno smartphone spesso e volentieri finisce con il rappresentare una minaccia per la sostenibilità ambientale.
Ma guai a dimenticarci che, ormai, i nostri smartphone contengono letteralmente le nostre vite, contengono un patrimonio di dati personali capace di metterci a nudo davanti a chi ne entri in possesso, capace di raccontare a un estraneo i nostri segreti più intimi e, spesso, non solo i nostri ma anche quelli dei nostri familiari, dei nostri amici, dei nostri colleghi di lavoro. E non si tratta più soltanto delle rubriche telefoniche, ma delle password di accesso al nostro conto in banca o, magari, a servizi cloud che, a loro volta, contengono autentici tesoretti di documenti e informazioni personali, le nostre gallerie fotografiche.
Attraverso il nostro “vecchio” smartphone chiunque potrebbe accedere all’app di messaggistica che usiamo, ai nostri profili social, ai nostri dati sanitari che, magari, vi abbiamo archiviato, alle webcam di sicurezza che abbiamo installato dentro casa e a un numero di prodotti e servizi direttamente proporzionato all’importanza che lo smartphone ha nella nostra vita. Ancora qualche anno e, i più di noi, apriranno casa con lo smartphone e ci metteranno in moto la macchina.
  Per carità, nulla che suggerisca di non vendere e comprare smartphone – e considerazioni analoghe valgono anche per tablet, pc e altri dispositivi elettronici – ma quando decidiamo di salutare il nostro compagno digitale dobbiamo almeno preoccuparci di resettarlo completamente fino a riportare la sua memoria, più o meno, a quella del neonato che era quando lo abbiamo tirato fuori dalla confezione la prima volta e, già che ci siamo, scollegarlo da tutti i servizi ai quali lo abbiamo collegato. Le istruzioni per il “reset di fabbrica” le troviamo sui siti dei produttori. E, naturalmente, è fondamentale che altrettanto facciano, prestando ancora più attenzione, le socialità specializzata nella commercializzane di smartphone ricondizionati perché basta un errore e c’è il rischio, non per modo di dire, che assieme agli smartphone vendano anche le vite di milioni di persone.   Fonte ufficiale: FederPrivacy