Lo ha chiarito il Garante privacy con ordinanza ingiunzione del 16 dicembre 2021

L’ex dipendente insoddisfatto per la mancata disattivazione dell’account di posta elettronica può proporre un reclamo al Garante. Se anche in questo caso il datore di lavoro non si attiva tempestivamente scatterà una visita ispettiva della Guardia di finanza per verificare tutti i dettagli della doglianza aggravando l’effetto sanzionatorio finale.

In ogni caso il titolare del trattamento deve sempre informare preventivamente l’interessato su cosa succederà con i dati trattati con la propria mail nominativa prima durante e dopo l’incarico.

Lo ha chiarito il Garante privacy con ordinanza ingiunzione del 16 dicembre 2021. Un dipendente cessato dall’incarico ha richiesto senza successo all’azienda di disattivare la propria casella di posta elettronica. Della questione è stato quindi interessato il Garante che ha attivato un’istruttoria senza però ricevere i necessari riscontri da parte dell’azienda.

L’Autorità ha ritenuto necessario incaricare il Nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologiche della Guardia di finanza di effettuare una visita ispettiva che si è protratta per alcuni giorni rendendo evidente un trattamento illecito di dati personali da parte dell’azienda. E la relativa applicazione di una pesante sanzione amministrativa.

Il datore di lavoro, specifica l’ordinanza, è tenuto a fornire una chiara informativa al proprio collaboratore circa la corretta gestione dell’account di posta elettronica nominativa dove di certo transitano dati personali e informazioni personali. La mancata informativa prevista dall’art. 13 del regolamento europeo unitamente alla violazione dei principi di minimizzazione, necessità e limitazione della conservazione hanno determinato la misura punitiva adottata dal Garante.

Ma è stato soprattutto il comportamento poco collaborativo dell’azienda ad aggravare ulteriormente la questione. Non è possibile rimanere inerti alle richieste di chiarimenti da parte del Garante. Come minimo arriva in azienda la Gdf a verificare le motivazioni di una inerzia di per sé punita dall’art. 83/5° del regolamento europeo.

Fonte: Italia Oggi del 1° febbraio 2022 – di Stefano Manzelli

Fonte : FederPrivacy